La rabbia è un’emozione primaria, che ci serve esattamente come la tristezza o la gioia. Perché ci arrabbiamo? La rabbia carica di energia il nostro corpo, e questo ci serve per affrontare un pericolo, distruggere un nemico, abbattere un ostacolo; in altre parole, assicurare la nostra sopravvivenza.

Per attivare questo processo, abbiamo una struttura del nostro cervello, l’AMIGDALA, che confronta gli stimoli esterni con la memoria emotiva che ha archiviato. Se arriva uno stimolo contrassegnato come “pericolo” parte, in un tempo infinitesimale, la reazione dettata dall’amigdala: il cuore accelera il battito, il respiro si fa affannato, sudiamo, siamo in allerta e ci prepariamo ad aggredire o a fuggire. L’amigdala dell’uomo non distingue la minaccia fisica da quella psicologica, per cui possiamo reagire con la stessa intensità di fronte al collega di lavoro che ci provoca o alla persona che dice qualcosa che ferisce i nostri valori, esattamente come se fossimo di fronte a un nemico che ci attacca. Scattano, cioè, quelli che vengono chiamati “sequestri emotivi”: siamo letteralmente sotto l’influsso del cervello limbico, mentre i segnali della neocorteccia (il cervello logico) sono troppo lenti e non arrivano in tempo per farci ragionare.
Quindi urliamo, offendiamo, usiamo le “armi” di cui disponiamo, arrivando anche allo scontro fisico (un classico: “ho perso la testa”). In genere dopo questi momenti di furia ci sentiamo fisicamente meglio perché abbiamo scaricato quell’energia, ma male psicologicamente perché abbiamo lanciato vere “bombe” verbali contro la persona che in quel momento rappresentava il nemico.

Il cortisolo prodotto in questi litigi, inoltre, può rimanere in circolo fino a 24 ore, e questo non fa bene alla salute. 

Cosa fare? Rassegnarci a questa nostra componente, più o meno accentuata di noi stessi? La risposta è no. Per prima cosa possiamo gestire e non soffocare, perché è impossibile fisiologicamente, questi scatti di rabbia nel momento in cui arrivano (i detti popolari aiutano: “conta fino a 10”).

Sei secondi sono il tempo necessario per far defluire l’adrenalina (quella che causa battito accelerato, respiro corto ecc) e permettere alla neocorteccia di farci arrivare il suo messaggio “guarda che non hai davanti un orso”, è un essere umano con cui puoi parlare”. E’ necessario quindi passare dalla reazione all’intenzione.

L’altra via è allenare l’amigdala a non considerare questa situazione come un pericolo.

E tu quante volte ti arrabbi? Provochi la rabbia negli altri?
Impara ad ascoltare e riconoscere le tue emozioni per migliorare il tuo stato PsicoEmotivo attraverso l’intelligenza Emotiva.

Naturopata Raffaella Riccardi, specializzata in Riequilibrio Emotivo

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